Una scelta di opere rappresentative del mio immaginario vagante tra forme ancestrali , visioni steampunk e mondi fantastici.

sergio.beronzo@gmail.com
"ALLOTROPIE"

In linguistica, allotropìa, indica una varietà di forma e spesso anche di significato in vocaboli derivati da uno stesso etimo.

Traslando questo concetto nella arti figurative si può parlare di pittura allotropica quando partendo da forme conosciute e riconducibili alla realtà oggettiva, si dia loro significati plurimi situandole in contesti fantastici o assolutamente scollegati dal loro significato comune, per obbligare il visitatore ad un’osservazione più curiosa ed attenta che lo porti a scoprire un nuovo significato soggettivo filtrato dalla sua personalità e non dal giudizio comune.

In una società in cui attraverso i media è possibile indurre gli spettatori a credere a realtà inesistenti, la pittura “allotropica” è una palestra mentale che cerca di insinuare negli osservatori la capacità critica di non credere a tutto ciò che si vede.

Si può dire che sia un tentativo di lotta contro l’appiattimento culturale, contro l’emarginazione del pensiero individuale, contro la banalità dei luoghi comuni per una società in cui ogni persona sia libera di essere sé stessa, di giudicare con la propria testa ciò che le viene propinato dalle tv e di rispettare la realtà soggettiva di ciascuno perché solo così potrà essere a sua volta rispettato e libero.

"STEAMPUNK"

Nella narrativa fantascientifica lo steampunk è un filone che introduce elementi di tecnologie in contesti storici con evidente anacronismo.
L'atmosfera steampunk è compendiata nello slogan:
"come sarebbe il passato se il futuro fosse accaduto prima".

Ispirandomi a questi principi, ho ritenuto interessante utilizzare il contrasto tra elementi meccanici e figure vagamente organiche quale strumento per stimolare nell'osservatore memorie ancestrali, per sollecitare il risveglio di personalità sopite, per stravolgere menti offuscate dal falso perbenismo e dalla vacuità culturale dilagante
Per sintetizzare in steampunk:
"Guardate come potreste essere se tutto questo fosse accaduto prima."


"VISIONI"

Al di là dei sogni, in quel tempo sospeso tra realtà e apparenza in cui ciascuno osservando vede ciò che in realtà già possiede, nasce ed esiste la serie dei giardini,affiorano visioni di magie ed incantesimi che altro non sono che desideri negati o paure represse.Ed ecco, che inseguendo forme indefinite nel labirinto caotico della visione, queste sensazioni riemergono, a volte incerte...a volte impetuose, generando nell'osservatore confusione, curiosità, più raramente consapevolezza che il pittore è solo il tramite...la chiave che permette di accedere alla propria realtà soggettiva.

"PAESAGGI INTERIORI"
"Alla ricerca dell'io perduto" potrebbe essere il motivo conduttore di questa ricerca formale. Ataviche memorie che si riflettono nelle conformazioni oscillanti tra riferimenti organici, voragini naturali e scenari onirici.
E' un prendere per mano l'osservatore e, come Virgilio con Dante, condurlo in una discesa verso l'ignoto per guidarlo alla ricerca del proprio io, alla riscoperta di emozioni sopite se non, addirittura, soffocate da dogmi inculcati da anni di condizionamenti mass mediatici.
Sarà il viaggiatore, osservando, a scoprire nelle forme pittoriche, ciò che giace in fondo a sè stesso, incominciando un cammino a ritroso che lo porterà alla ritrovata consapevolezza della sua vera natura. Perchè in queste forme si cela ciò che eravamo e ciò che torneremo ad essere.

"DISEGNI"

Viaggi in punta di matita nei territori dell'anima...il nero della grafite come metafora del nostro lato oscuro, dei sogni e dei ricordi, degli incubi di una società sempre più disumanizzata.

"SCULTURE"

Il talco (steatite) come legame alla mia terra occitana, come omaggio alla natura troppo spesso violentata nel nome del profitto, come forma di rispetto per tutti coloro che hanno perso la vita per estrarla. E perchè la "pèiro douso", la pietra dolce, racchiude in sè i due principi opposti di morbidezza e resistenza in un perfetto equilibrio naturale.




Pensieri

APPUNTI PER CONSIDERAZIONI SULLA PITTURA.

Se,  per rappresentare sentimenti ed emozioni, usiamo " forme " facilmente riconoscibili,  fermiamo  la percezione dell'osservatore ad un livello superficiale.
La sua "commozione"  sarà una reazione  esterna ad un evento che è un "luogo comune". Non potrà essere né profonda né, tantomeno, viscerale.

Ad esempio,  un paesaggio o una natura morta con forme più o meno classiche,  trasmette all'osservatore sensazioni di calma, serenità, inquietudine, mistero perché in quelle immagini riconosce icone ormai acquisite.
Ma la sua esperienza davanti all'opera sarà una reazione superficiale condizionata da significati e valori imposti da fattori esterni alla sua persona, quali i luoghi comuni, la televisione, la pubblicità ...
Il suo io profondo non sarà neppure sfiorato e pertanto l'osservazione di un'opera non servirà a migliorare la sua consapevolezza del proprio doppio celato.

Il nostro compito di artisti, poeti e musicisti è al contrario quello di provocare sensazioni tali  da scuotere il vero io dell'osservatore per indurlo, attraverso la consapevolezza della propria natura, ad un anelito di libertà spirituale , ad un maggior desiderio di elevazione culturale, ad una rivalutazione dei valori sociali, ad una capacità critica di fronte al pensiero comune.

Solo se raggiungeremo questi obiettivi avremo svolto il nostro compito.
Altrimenti saremo solamente dei bravi artigiani o, nella maggior parte dei casi, dei pessimi imitatori di forme preesistenti.

Viene spontaneo, a questo punto, pensare alla pittura astratta o, addirittura, all'informale.
Bisogna però domandarsi quanto comunichi questo tipo di pittura. La totale mancanza di elementi di riferimento possono infatti indurre l'osservatore ad un esame superficiale dell'opera dovendone considerare solamente i colori, la disposizione, le macchie...
Dunque sarà necessario attrarne l'attenzione  per coinvolgerlo profondamente. Bisognerà incuriosirlo attraverso forme che possano essere o non essere qualcosa, che sia contemporaneamente un oggetto e l'esatto opposto di quell'oggetto, che rechino in sé  il dubbio.

Dovremo ricercare queste forme ambigue nel profondo delle proprie memorie ancestrali perché attraverso le nostre percezioni sensibili si possano materializzare in forme polimorfe che interagiscano con l'inconscio dell'osservatore.
La stessa forma susciterà, pertanto, reazioni contrastanti perché solleciterà livelli emotivi diversi (dipende dalla
percettibilità dell'osservatore) o, a parità di livelli, sensazioni anche opposte perché filtrata dal vissuto conscio ed inconscio del soggetto.

Come in musica i testi più poetici sono quelli che esprimono emozioni senza raccontare storie o episodi finiti, anche nell'arte figurativa bisogna riuscire a costruire una struttura destrutturata in cui forme e colori si esprimano in pseudoforme  non riconducibili all'esperienza comune ma che suggeriscano solamente e che insinuino il dubbio.

Le  forme sono suggestioni.
Non devono rappresentare nulla di reale ma solamente suggerire pensieri che provochino sensazioni.

Non dobbiamo suggerire chiavi di lettura ma obbligare l'osservatore a leggere perché attratto da forme che possono essere  pseudorealistiche o del tutto fantastiche.
Parimenti non devono esistere piani reali o riconducibili alla realtà. Prospettiva e proporzioni sono elementi utili ma non indispensabili. Difatti anche lo stravolgimento dei piani prospettici può essere uno strumento per creare pensieri generatori di sensazioni.
Forme, proporzioni e piani prospettici sono svincolati dalle regole figurative classiche e assolutamente indipendenti tra loro stessi.

Le forme devono essere primordiali.  
Devono riportare in superficie quanto di più radicato e celato esista nel DNA dell'osservatore. Devono scuoterlo, obbligarlo ad aprirsi e attraverso la consapevolezza della propria natura riportarlo all'ammirazione della bellezza e dei contenuti dell'arte quale espressione della spiritualità umana.

I colori sono utili ma non indispensabili. 
L'influenza psicologica del colore non dovrà avere obbligatoriamente alcun nesso con la forma. Il colore deve avere essenzialmente due funzioni:
1°) Stravolgere la percezione dell'osservatore, insinuando il dubbio sulla realtà della forma osservata.
2°) Attrarre l'attenzione quale elemento decorativo.
 
La luce deve essere ambigua.  
La disposizione di fonti luminose non deve rispettare i canoni della realtà. Si possono avere luci ed ombre dalla stessa parte o tipi di illuminazioni tali da generare la sensazioni di elementi ignoti presenti al di là della scena rappresentata. La luce può provenire da fori, da tagli o da aperture ad indicare  che esiste qualcosa al di là della realtà del quadro.

I volumi sono indispensabili e devono essere evidenti ma non necessariamente correlati alla rappresentazione prospettica della realtà.
Sono indispensabili in quanto la società odierna è abituata ad osservare il mondo attraverso gli schermi di televisioni e computer in cui la tridimensionalità è resa dalle volumetrie  e pertanto è più facile attrarre l'attenzione dell'osservatore sfruttando questa sua abitudine percettiva acquisita. 
Se usassimo tinte piatte  rischieremmo di fermarne la percezione alla sola funzione decorativa.

La profondità di campo è un elemento da valutare attentamente.  
Un campo troppo lungo potrebbe ingenerare nell'osservatore un percezione generica dell'immagine da cui ricaverebbe sensazioni superficiali. La sua posizione sarebbe infatti lontana dalla scena esattamente come davanti a un video dove anche la scena più crudele è comunque filtrata dalla schermo che rappresenta per lo spettatore un elemento di sicurezza e di estraneità.
Ecco dunque la necessità di ridurre la profondità di campo stravolgendo la prospettiva classica per indurre nell'osservatore un senso di smarrimento e di perdita di elementi di riferimento che lo proiettino in primo piano sulla scena dipinta.
Deve sentirsi non osservatore passivo ma elemento attivo ed essenziale  del dipinto.

ESISTE LA REALTA' ?  
Questa è la domanda che noi dovremo riuscire a generare nell'osservatore. In un'epoca in cui attraverso i media è possibile indurre gli spettatori a credere a realtà inesistenti è nostro dovere insinuare nella società
la capacità critica di non credere a tutto ciò chi si vede. Dobbiamo far capire che la realtà è relativa. Ciò che per alcuni è un dato acquisito per altri è assolutamente inesistente.
Attraverso l'acquisizione di una conoscenza di sé, della liberazione dai condizionamenti televisivi, dalla rivalutazione della realtà soggettiva l'osservatore potrà imparare ad osservare e giudicare ciò che vede e capire quanto di reale e di falso lo circondi.

Se non raggiungeremo questa meta avremo contribuito solamente a decorare i muri delle abitazioni.
                                                                                                 Sergio Beronzo